CREDERE.... ? NON BASTA PENSARE...!

 

 

Se limitarsi a ragionare significherebbe arrestarsi sulla via che lo spirito brama percorrere fino in fondo; contentarsi di credere sarebbe lo stesso che, giunti alla soglia di casa, rifiutarsi di entrare, rinunziando al sollievo del riposo. E' la sorte di molti credenti che non si decidono a penetrare nel vivo del cristianesimo e lasciarsi da esso rigenerae dal profondo dell'essere. Hanno accolto il Vangelo come una dottrina a cui hanno aderito per fede, ma senza riflettere che questa è solo inizio, non compimento della salvezza. 

Crdere non è soltanto pensare. Si può pensare senza amare, senza sperimentare, senza vivere. Si può avere dei tanti lumi dei teologi più illuminanti, ed essere privi della grazia; si può essere angeli, e bestemmiare nell'abisso... 

 

 

 

Ciò spiega l'inquietudine d'innumerevoli fedeli, che, pur accettando la soluzione cristiana del problema del male, sono ancora tentati di sfiducia, vivono in un abituale smarrimento spirituale. Talvolta imprecano. Costoro, secondo l'espressione di S. Paolo, sono nulla, perchè non amano; e, non amando, non possono assorbire in modo vitale i motivi della speranza. Sono nulla perchè restano chiusi, curvi, aridi, lontani da Cristo, a cui non si arrendono in un abbandono incondizionato che sia amorosa comunione con lui, esperienza personale della Verità che è Lui stesso. 

 

Il cristianesimo non è teoria nuda, astratta, gelida, come ogni verità oggettivamente certa e incontestabile, ma a cui si può resistere o almeno rifiutare l'assenso, non dare alcun peso. 

Chi si limita ad accettarlo come teoria, sforzandosi di risalirne le origigi storiche, penetrarne il contenuto, inquadrare e distinguere, può concludere lo studio con la certezza di aver arricchito il bagagliodella sua cultura, non però con la gioia di aver colto l'anima del cristianesimo, potendo restare coi suoi dubbi ed essere ancora preda della tristezza e della disperazione.

Per raggiungerla, non resta che la via del cuore, o più esattamente della carita che fiorisce in comunione e sfocia in un'esperienza o visuto contatto col Verbo fatto carne. Solo questo contatto permette d'intuire le segrete armonie della Rivelazione, comporre lo spirito in un atteggiamento di fiducia che è sicurezza, abbandono, riposo. 

In tale atteggiamento è la soluzione del tremendo problema, almeno finchè al buio della fede non succederà lo splendore della visione. Di più non si potrebbe pretendere. 

Ora, quel che non ci è dato d'itendere neppure alla luce del dogma, è possibile attraverso la potenza trasformante dell'amore. La verità sussistente non è solo pensata da noi, ma anche - e assai più - sentita, posseduta, gustata. Nulla potremmo desiderare di meglio per risolvere ogni antinomia, dissipare tutti i dubbi, ridersi di tutti i supposti assurdi della Rivelazione. 

Il problema non interessa tanto la sfera della ragione, quanto quella della vita; esso s'impone al pensiero solo in quanto prima è formulato di contarsto e di angoscia. 

Dunque, dissipati i contrasti e vinta l'angoscia; ossia, una volta eliminato il male dal piano dell'esistenza, vengono meno gli stessi termini del problema e la ragione si placa. 

Questo trionfo del cristianesimo sul più oscuro e pauroso degli enigmi; esso lo ha risolto dalla radice offrendo all'uomo Dio stesso come dato di una sublime esperienza, anticipazione della beatitudine. 

Non potremmo giustificare diversamente le ripetute esortazioni seminate in tutto il nuovo Testamento di non temere ed anzi di  rallegrarsi della fede ricevuti come dono gratuitamente.

 

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